E' on-line il numero 4 - 2018 di Bricks
E' uscito il nuovo numero di Bricks "Inclusione: attività e strumenti compensativi", 4 - 2018: http://www.rivistabricks.it/2018/09/27/n-4-2018/.
dalla presentazione di Antonio Fini:
Il dibattito sull’efficacia delle tecnologie per l’apprendimento è ancora molto vivace. Periodicamente si alternano posizioni estreme, che echeggiano la ormai storica contrapposizione tra apocalittici e integrati resa celebre da Umberto Eco, all’interno di un dibattito articolato, complesso, basato anche sulla necessità di ottenere qualche “evidenza” che possa confermare o meno la bontà degli investimenti fatti negli anni in questo settore.
In questo dibattito, si rileva spesso come, per alcuni “selezionati” casi d’uso, vi sia sufficiente accordo e vi siano già evidenze incoraggianti, rispetto all’uso delle tecnologie nella scuola. È il caso dell’impiego delle tecnologie nel campo della disabilità.
Come è noto, la scuola italiana è all’avanguardia per quanto riguarda la normativa sull’inclusione scolastica. Il lungo cammino iniziato a metà degli anni ‘70, caratterizzato da passaggi anche lessicali (da “integrazione” ad “inclusione”, ad esempio) è rimasto ancorato al principio fondamentale della scuola come ambiente di apprendimento “per tutti”, nessuno escluso e, al contrario, tutti inclusi nella medesima comunità educativa.
L’affermazione di principio, come è noto, non è stata sempre seguita da una efficace organizzazione ed efficacia: è di poche settimane fa la dura presa di posizione della Corte dei Conti che evidenzia un sistema poco coordinato ed efficiente, caratterizzato da forti differenze territoriali e scarsa dotazione di risorse, sia umane che finanziarie.
Non si può nascondere, tuttavia, che, soprattutto grazie al silenzioso lavoro di tanti operatori della scuola e a dispetto delle tante difficoltà indubbiamente limitanti, il nostro Paese abbia raggiunto risultati importanti relativamente all’inclusione scolastica.
Dopo la stagione della legge 104 (1992), relativa alle disabilità, gli ultimi anni sono stati segnati dalle successive normative dedicate ai disturbi specifici dell’apprendimento (2010) e quindi ai bisogni educativi speciali (2012), fino a giungere al D.Lgs 66/2017, che propone un nuovo approccio, basato sul modello internazionale ICF, che guarda non più “in negativo” ma al “funzionamento” di chiunque in un determinato contesto.
I più recenti documenti ministeriali, infine, sollecitano scuole e insegnanti ad abbandonare la tendenza “classificatoria” che indubbiamente ha preso rapidamente campo, in favore della valorizzazione delle “diverse normalità” che troviamo nelle nostre classi.
Sarà questo, probabilmente, uno dei punti chiave della nuova progettazione triennale che gli istituti scolastici sono chiamati ad elaborare in questi mesi, in vista della stesura del PTOF relativo agli anni 2019-2022.
In questo processo, il ruolo delle tecnologie è sempre stato fondamentale: si pensi alla enorme varietà di “sussidi” destinati a supportare disabilità fisiche (a partire dagli occhiali!) all’uso di software e dispositivi sempre più sofisticati in chiave “compensativa”.
Oggi, tuttavia, la nuova tendenza è quella del cosiddetto Universal Design: una progettazione “universale” di strutture e dispositivi: quello che funziona e aiuta una persona con disabilità o con disturbi e difficoltà può essere utile per tutti. L’esempio tipico è la “rampa” di accesso a fianco di una scalinata: la possono usare tutti, non è qualcosa di esclusivamente dedicato alle persone con problemi fisici.
Nelle nostre aule, dunque, un “nuovo” possibile ruolo della tecnologia è questo: non più strumento compensativo per alcuni, con la concreta possibilità che si trasformi in realtà in uno stigma (si pensi ad una classe dove tutti scrivono a mano, tranne l’alunno disgrafico al quale è “concesso” di usare il PC), ma un ulteriore elemento di inclusione e di partecipazione per tutti. Il lavoro collaborativo, come base di una didattica inclusiva nella quale non è scontato chi debba essere aiutato e chi possa aiutare i compagni.